Il rogo di Notre Dame di Parigi, nella notte tra il 15 e il 16 aprile del 2019, che tanta impressione ha suscitato ovunque nel mondo, ha un significato anche simbolico. La Chiesa brucia è il titolo scelto da Andrea Riccardi, il grande storico del cristianesimo, per il suo ultimo saggio sulla crisi della Chiesa edito da Laterza. Un’analisi lucida e documentata su un processo di declino che appare inarrestabile, e segna un passaggio assai problematico nella complessa parabola del rapporto tra fede cristiana e modernità.
I numeri non sono tutto, e una realtà carismatica e spirituale non si misura con criteri statistici e aziendalisti. Tuttavia i dati sono impietosi. In Francia, la pratica religiosa è inferiore al 5%, il numero dei preti è sceso a 11.350 dai 49.100 del 1965. Nel 2018, nessun nuovo seminarista in due terzi delle diocesi. Il politologo Jerôme Fourquet ha fatto i conti e guardando le linee tendenziali, ha diagnosticato la “fase terminale” della religione cattolica. Stimando che nel 2048 possa esserci l’ultimo battesimo, nel 2031 l’ultimo matrimonio religioso, nel 2044 la totale scomparsa di preti francesi. I sociologi Todd e Le Bras concordano: si sarebbe vicini al dissolvimento della Chiesa, con un processo analogo a quello sperimentato dal comunismo, che appariva solido e diffuso e si è sgretolato rapidamente.
La Francia non è il mondo, certo. Ma quella d’Oltralpe è la fille ainée de l’Eglise, la Chiesa primogenita, e l’Exagone, il paese dove si è introdotta la laicità e la separazione tra Chiesa e Stato, ha rappresentato un terreno fondamentale di dialogo e confronto tra contemporaneità e vangelo. Ancora oggi una breve passeggiata al centro di Parigi consente di osservare tre volti tanto diversi del cattolicesimo: quello “progressista” dei “monaci nella città” di St. Gervais, quello istituzionale della cattedrale, capace di tentativi audaci come l’avventura dei preti operai, quello tradizionalista e anticonciliare dei lefevriani di Saint Nicolas du Chardonnet.
Il saggio di Riccardi allarga poi l’analisi all’Italia, la Spagna, la Germania, i paesi dell’est. Ripercorre le stagioni del postconcilio, del ’68, dei dibattiti degli anni ’70, dell’era Wojtyla, della sorpresa Francesco. I tanti tentativi di mettere a confronto la fede con le sfide e i segni dei tempi, tra globalizzazione, radicalismo, utilizzo della religione come carburante per conflitti e violenze, aumento delle diseguaglianze, fenomeni epocali come invecchiamento, migrazioni, sostenibilità ecologica. Accanto ad altre tendenze, tra la Benedict option di Dreher e il “nazionalcattolicesimo”, che flirta con i sovranismi.
È un libro importante, che fa capire tanto della Chiesa e del tempo presente e aiuta ad entrare in una complessità di situazioni liberando da visioni semplificate e generalizzazioni. Un grido d’allarme, raccolto – questa è la mia impressione osservando l’accoglienza che il volume ha avuto in vari ambienti italiani – soprattutto da chi guarda al cristianesimo dall’esterno, inquietato dalla prospettiva del prosciugamento di una sorgente di civiltà, di valori, di pensiero.
Colpisce che – dopo aver conosciuto nella storia tante persecuzioni e attacchi, provenienti da nemici chiaramente individuabili e con un volto – la crisi attuale scaturisca piuttosto dall’interno, dal discredito, dall’indifferenza. Ma una crisi è sempre un’opportunità. E le pagine di La Chiesa brucia invitano i cattolici a non accontentarsi di sopravvivere, rimpiangendo un passato migliore.