Prosegue il viaggio dell’Università di Foggia all’insegna delle celebrazioni in occasione del VII centenario dalla morte di Dante. A dialogare con noi, questa volta, è il prof. Rino Caputo, già Professore ordinario di Letteratura Italiana presso l’Università di Roma “Tor Vergata”, membro della Dante Society of America e condirettore della rivista internazionale “Dante”.
Profondo conoscitore dell’opera omnia dantesca, Rino Caputo ci racconta dell’importanza del XVII canto del Purgatorio considerato, dal punto di vista aritmetico, il canto centrale della Commedia. Situato in posizione strategica, il canto affronta il tema dell’amore e della sua natura: l’amore naturale, ci dice Dante, è sempre senza errore. L’amore razionale, invece, può portare al peccato poiché dipende dalla volontà umana. Dall’amore male indirizzato deriva, quindi, la suddivisione dei penitenti nelle cornici del Purgatorio.
“È uno di quei canti che non risultano nelle antologie scolastiche”, afferma il professore, “e che invece si avvia con un’immagine modernamente poeticissima, Ricorditi, lettor, se mai ne l’alpe / ti colse nebbia per la qual vedessi / non altrimenti che per pelle talpe. È poi vero che, in questo come in altri canti, Dante ‘dà i numeri’ e, cioè, lungi da ogni riduttivo gioco algebrico, assegna al numero la dimensione della misura del rapporto tra grandezze, di oggetti come di soggetti. Ma la sua centralità acquista un senso secondo a partire dal suo verso ‘centrale’, Beati / pacifici, che son sanz’ira mala!”.
Al centro della Commedia, quindi, tra le cornici del Purgatorio contrassegnate dalla progressiva catarsi, Dante pone la beatitudine ‘pacifica’. E, in effetti, la pace è sentita dal poeta come la condizione per esercitare il libero arbitrio e meritare, in terra, la vita eterna.
Rino Caputo sottolinea come intorno al tema centrale si raccolgano anche le istanze fondamentali della poetica dantesca quali il senso della sua peripezia ultraterrena e il riconoscimento della sua autentica identità umana sancito nell'incontro con Beatrice nel Paradiso Terrestre, nonché l’inserimento delle vicende umane – interiori, storiche, civili e intellettuali – nell'ordinamento del giudizio divino. E, insieme, mentre descrive i modi dell'esistenza, Dante rappresenta i termini positivi della convivenza tra gli uomini, basata sul patto salvifico della fede.
Dopo il chiarimento di Marco Lombardo, nel precedente canto XVI, sul libero arbitrio e sulla divisione dei poteri tra Papato e Impero, il cammino salvifico può riprendere nel nome della Pace, in cui sono riunite etica e politica.
“Costruire la pace sanz'ira mala è il fulcro umanissimo, insieme terreno e celeste, del progetto di Dante nella Commedia, che parla a nome di tutti quelli che condividono il suo dramma e la sua speranza, come ha messo in risalto Papa Francesco nella sua recentissima lettera enciclica Candor Lucis Aeternae.
“La pace in terra, tramite i ‘pacifici’, che hanno la giusta e benefica aggressività nel costruire la pace e perciò sono sanz’ira mala, può garantire a tutti i componenti del genere umano di essere, nello stesso tempo, buoni cittadini e buoni cristiani. Anzi, buoni cristiani, innanzitutto e proprio perché, buoni cittadini”.