Il film proiettato dal Cineclub nel racconto di una studentessa

Yentl: il film e i commenti Unifg

yentl
Brunilde Masciello

Il 31 maggio scorso il Cineclub universitario Cinemafelix ha presentato il film “Yentl” del 1983 diretto e interpretato da Barbra Streisand.

Molto interessante e suggestiva la trama.
Ambientato nella Polonia del primo Novecento, il film racconta le vicende di Yentl, una ragazza ebrea intelligente e assetata di sapere, che vive in un piccolo villaggio di campagna. È orfana di madre e suo padre è un rabbino che lavora come libraio. La ragazza è molto attratta dai sacri testi ebraici, tanto da conoscerli a memoria sebbene vietati alle donne.
La tradizione ebraica vorrebbe che Yentl diventasse una moglie, una madre e una buona donna di casa, obbediente alle regole del proprio marito. Ma lei non si sente affatto predisposta a questo destino dominato dagli uomini e, così, quando suo padre muore, fugge dal paese.
Travestita da maschio arriva in una scuola religiosa ebraica, dove si presenta come Anshel, usando il nome del suo fratellino morto, e lì fa amicizia con Avigdor del quale a poco a poco si innamora. Ma il giovane è già fidanzato con Hadass, i cui genitori però non approvano la relazione e anzi ne impongono la rottura.
Così, quando Avigdor confida la sua sofferenza a quello che crede il suo migliore amico, Yentl / Anshel accetta di coprire lo scandalo sposando Hadass, la fidanzata di Avigdor.
Ne nasce la situazione grottesca di un complicato triangolo in cui ognuno ama l’altro e tutti sono infelici: Yentl, sempre più innamorata di Avigdor, ha difficoltà a giustificare la mancata consumazione del matrimonio, Hadass piano piano si innamora di Yentl e Avigdor naturalmente ne soffre.
Alla fine Yentl cede e  svela ad Avigdor di essere una donna e di amarlo profondamente. Inizialmente Avigdor ha una reazione di rifiuto, persino violenta. Poi si intenerisce e sembra contraccambiare il suo amore dichiarando la sua disponibilità a fuggire e a sposarla.
Yentl, però, riflettendo saggiamente si rende conto che quell’Avigdor che stimava tanto l’inesistente ragazzo Anshel rivela nei confronti delle donne una mentalità ristretta e convenzionale. Certamente quella stima che Avigdor aveva verso Anshel sarebbe svanita in poco tempo per lasciare il posto al bisogno di una donna nel segno della tradizione, e cioè moglie, madre, cuoca, e anche una compagna ignorante e incapace di pensieri autonomi.
Così Yentl decide di lasciare la Polonia e si imbarca per gli Stati Uniti d’America, dove le donne sono più libere, lasciando libero Avigdor di sposare Hadass e di riconquistare la felicità perduta.

La proiezione del film è stata preceduta da una presentazione introduttiva della prof.ssa Lucia Perrone Capano, Presidente del Corso di Laurea in Lingue e Culture straniere e Direttrice del Centro Linguistico di Ateneo, la quale ha sottolineato che il film è impregnato dalla cultura Yiddish e che questa è strettamente legata all’omonima lingua, diffusasi molto fino alla seconda guerra mondiale quando, a causa della persecuzione e dello sterminio degli ebrei, è stata completamente cancellata dai nazisti, pur essendo molto vicina e quindi legata a quella tedesca al punto da essere chiamata anche lingua giudeo-tedesca.

All’intervento della prof.ssa Perrone ha fatto eco quello della prof.ssa Marisa Ines Romano, Dottoressa di Ricerca in Letterature Comparate e Docente a Contratto di Lingua e Letteratura Yiddish presso l’Università di Bari e presso l’Associazione Culturale Italo-Tedesca di Bari.
La prof.ssa Romano ha innanzitutto osservato che la lingua Yiddish è una lingua profondamente europea e allo stesso tempo profondamente ebraica al punto che queste due caratteristiche sono da ritenersi inscindibili.
Fino agli anni ’30 in Europa vivevano stabilmente circa dieci milioni di persone di religione ebraica e la maggior parte di essi parlava proprio la lingua Yiddish, poi cancellata durante la seconda guerra mondiale.
La lingua Yiddish, nata nel XI secolo sulle rive del Reno e sviluppatasi nel cuore dell’Europa, è scritta con i caratteri dell’alfabeto ebraico e si legge da destra a sinistra. Presenta dunque chiare affinità con l’ebraico che oggi si parla in Israele, che poi è l’ebraico antico.
La cultura Yiddish è ricca e bella e ha dato avvio a correnti letterarie come quello di Bernard Malamud, scrittore statunitense figlio di due ebrei russi immigrati. Anche molti film, tra cui quelli di Woody Allen, sono pieni di ebraismo orientale.
Il film Yentl si inserisce in un momento magico per la cultura Yiddish dei primi anni ‘60. Nel 1961, infatti, esce prima la prima opera storiografica sullo sterminio degli ebrei basata su fonti naziste che fornisce numeri precisi sull’olocausto e tratta della società e della lingua Yiddish che, come detto, vennero del tutto cancellate durante la seconda guerra mondiale.
In America, dove avevano trovato rifugio moltissimi ebrei – al punto che oggi la metà della popolazione ebraica risiede negli Stati Uniti – fu avvertito in quegli anni un forte interesse nei confronti della cultura ebraica che ebbe riflessi nello studio della lingua Yiddish per la quale fino a quel momento c’erano state solo testimonianze personali.
 
Si iniziarono quindi a tradurre le opere Yiddish in inglese per la loro divulgazione e nel 1952 fu tradotta una raccolta di racconti che innescò una serie di conseguenze: tra queste, nel 1964 fu lanciato il musical “Fiddler on the roof”, “Il violinista sul tetto”, tratto da una delle opere di un autore di lingua Yiddish e da quel musical nacque un film che vinse tre oscar nel 1972 rendendo orgogliosa la popolazione ebraica immigrata che negli Stati Uniti era considerata ai margini della società.
Alla fine degli anni ‘70, inoltre, vennero assegnati diversi Nobel a vari scrittori di opere Yiddish.
In questo contesto nacque l’idea dell’ebrea Barbra Streissand di girare film Yentl in inglese per la diffusione della cultura Yiddish.
Il film presenta molte analogie col citato film “Il violinista sul tetto” sia sotto il profilo dell’ambientazione che riguardo al finale.
Yentl ha visto Barbra Streissand come la prima donna ad un tempo regista, sceneggiatrice, attrice, oltre che interprete della colonna sonora fatta splendida di brani cantati tutti da lei.
Il suo film vinse un solo oscar, per la musica, e questo scatenò enormi polemiche: addirittura il famoso regista Steven Spielberg affermò che fosse uno dei migliori film, dal punto di vista della regia, secondo solo al film “Quarto potere”. Perciò si avanzò il sospetto che non si volle premiare una donna tra l’altro sostenitrice del partito democratico.
Lo scrittore ebreo polacco Isaac Bashevis Singer, autore del racconto originario pubblicato nel 1960 prima in lingua yiddish e poi in inglese, non apprezzò però questo film perchè si disse contrario al messaggio femminista e al finale del film ma forse temeva pure che Barbra per la sua notorietà oscurasse la sua opera.


Dopo la visione del film ha preso la parola il dott. Tommaso Campagna il quale ha confessato di essere sempre molto colpito dal popolo ebraico, dalla sua pazienza, cultura, sapienza e capacità di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, osservando che se queste caratteristiche fossero imitate dagli altri popoli del mondo si eviterebbero molti inutili conflitti.


Dopo di lui ha chiuso il dibattito la prof.ssa Romano mettendo in luce varie curiosità di cui qui se ne sottolineano solo alcune.
Barbra Streisand sosteneva che il lato sinistro del suo volto fosse più maschile di quello destro e non perfettamente simmetrico: per questo molte scene la riprendono dal lato sinistro.
Il protagonista maschile del film, l’attore Mandy Patinkin, che ricoprì il ruolo di Avigdor, è un pluripremiato cantante yiddish con uno straordinario timbro di voce grazie al quale ha partecipato a diversi musical e film musicali, ma questa sua dote non è stata però utilizzata in Yentl, dove tutti i brani musicali sono cantati da a Barbra Streisand per counicare le riflessioni dell’autore dell’opera originale.
Nel film Yentl l’America viene presentata come una sorta di terra promessa che accoglieva gli ebrei che fuggivano dall’Europa a causa dell’antisemitismo, mentre invece l’autore dell’opera originale non era d’accordo con questa visione perché giudicava l’America il luogo dove è morta la cultura Yiddish.
Comunque – ha osservato la prof.ssa Romano – il finale del film, anche se meno bello di quello del racconto originale, si è rivelato certamente funzionale all’orgoglio degli ebrei d’America di seconda generazione che anche grazie a questo film avevano contribuito a recuperare le proprie radici e cioè quella cultura e lingua Yiddish che erano state completamente cancellate dalla seconda guerra mondiale.
 
Personalmente sono stata molto colpita da questo film, ammettendo innanzitutto che per me la cultura e la lingua Yiddish sono state una vera e propria scoperta.
Anch’io, come il dott. Campagna, sono stupita dalla ricchezza umana e culturale di questo straordinario popolo che è il popolo ebraico.
Mi ha colpito, ad esempio, la decisione della protagonista di lasciare il villaggio natio pur senza sapere esattamente dove andare ma solo con la ferma decisione di studiare: simbolo della capacità del popolo ebraico di trasformare, per così dire, l’esilio in esodo, e cioè di caricare di significati positivi la vita umana, mantenendo integra la mente per non perdere la capacità di sognare.
Questa visione della vita di ampio respiro viene poi confermata alla fine del film da un’altra decisone della protagonista, quella cioè di lasciare la Polonia per imbarcarsi in un incerto viaggio verso Stati Uniti, superando il dolore di questo nuovo “esilio” con uno sguardo al futuro che non perde mai la speranza.
Un’ultima riflessione che il film mi ha suscitato riguarda un aspetto di natura più generale, purtroppo ancora oggi di stretta attualità, e cioè il divario tra uomini e donne alle quali molte società negano di fatto varie opportunità, specie nel campo professionale, ritenute appannaggio solo degli uomini.
Ancora una volta questa nuova iniziativa del Cineclub universitario Cinemafelix si è rivelata vincente perché credo che abbia centrato in pieno non solo l’obiettivo di far conoscere e approfondire lingue e culture straniere – in questo caso a me del tutto ignote – ma anche quello di allargare gli orizzonti culturali degli studenti stimolandone lo spirito critico.