Troppe illusioni: il punto sulla guerra

Il punto della situazione del prof. Picciaredda

Putin e l'aggressione russa all'Ucraina
Stefano Picciaredda

Tutti lodano in queste ore la compattezza occidentale nel rispondere all’aggressione russa all’Ucraina. Sono state adottate nei confronti di Mosca le sanzioni economiche e finanziarie più pesanti della storia. Vari paesi dell’Unione, tra cui il nostro, si preparano a inviare armi verso il confine polacco-ucraino, anche in assenza di un pronunciamento delle Nazioni Unite. La Germania ha annunciato – per la gioia dei commentatori – un aumento esponenziale del bilancio per la difesa e per l’acquisto di armi: 100 miliardi di euro subito (a debito) e il 2% del pil nei prossimi anni. “Il mondo non è più lo stesso” ha affermato il cancelliere Olaf Scholz. “Siamo nel 1939”, ripete un’esperta di affari internazionali molto invitata nei salotti tv che hanno rapidamente sostituito i virologi con strateghi e analisti. 

Agli occhi di chi ha un po’ studiato la storia del Novecento, pare che il dibattito si stia gonfiando di illusioni. Quanto pericolose, ciascuno può valutarlo. La prima riguarda le sanzioni e gli effetti che produrranno. Occorre sapere che dall’Italia del 1936 all’Iraq sotto embargo negli anni Novanta, a Cuba e a tanti altri paesi, esse, per quanto doverose, necessarie, apparentemente “pacifiche” nel loro carattere di reazione che si vorrebbe non violenta, hanno un formidabile effetto di rafforzamento delle dittature che intendono colpire. Incidono pesantemente sulla vita quotidiana del popolo, colpiscono in maniera molto più sopportabile i ricchi (gli “oligarchi” russi in questo caso), aiutano i leader a ricompattare consenso e condensare odio verso il nemico esterno che le ha imposte. Già oggi gli osservatori e i corrispondenti dalla Federazione russa segnalano l’inizio di questo processo. Certo, alla lunga le sanzioni porteranno conseguenze crescenti, fino al possibile default, ma c’è da scommettere che non intaccheranno l’aggressività di Mosca. 

A ciò si lega la seconda illusione che sta prendendo forma nelle discussioni nostrane: l’eventualità di un colpo di Stato che rovesci Putin. Indebolito economicamente, perdente sul campo, egli avrebbe sottovalutato la resistenza ucraina e la reazione occidentale e, ormai fuori controllo ed esagerato nelle sue affermazioni minacciose e belliciste, sarebbe secondo alcuni naturalmente esposto alla deposizione da parte di soggetti – militari, nomenclatura, oligarchi, popolo… - senz’altro più ragionevole ed assennati. Niente di più improbabile. Il presidente non è mai stato così forte e in controllo della situazione. E se pure ha creduto nella possibilità di un blitzkrieg che non si è realizzato, è comunque disposto ad un conflitto di amplissima portata e durata, come si comprende dalla lunga preparazione – anche economica e di resistenza alle sanzioni – e dal dispiegamento di un potenziale bellico enorme e soverchiante. 
Infine, la rassicurazione che l’autorizzazione all’impiego di testate nucleari dipenda in Russia da una catena di comando complessa, e che non sia sufficiente all’autarca “premere un bottone”. Purtroppo, gli altri due soggetti che devono confermare il consenso del capo non sembrano oggi assolutamente dotati di autonomia decisionale ed eventuale volontà o capacità di agire in senso contrario agli ordini.
È per questo che non siamo nel 1939. All’epoca infatti l’era nucleare non era ancora iniziata. È una differenza enorme. Come chi ha vissuto durante la guerra fredda sa perfettamente, il primo utilizzo dell’arma atomica – quelle attuali hanno capacità distruttive molto superiori a quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki nel 1945 – innesca reazioni a catena praticamente impossibili da interrompere. È bene ricordare che le testate nucleari oggi esistenti sono in grado di incenerire ogni forma di vita sul pianeta per otto volte consecutive.  

Uno scenario apocalittico che ha segnato e terrorizzato le generazioni degli anni Sessanta e Settanta del Novecento e che oggi si ripropone innanzi ai nostri occhi. Per questo preoccupa profondamente l’escalation verbale di questi giorni, da parte di tutti i soggetti coinvolti: un moltiplicarsi di minacce e segnali unidirezionali nel senso dello scontro. Di fronte a provocazioni e minacce si devono mostrare i muscoli, si dice. Certo, reagire al più grave atto di guerra compiuto in Europa dal 1945 si doveva e si deve. Attenzione alle priorità però. La prima è salvare milioni di vite ucraine. Non solo accogliendo i profughi fuori dai confini, ma appoggiando la proposta di Kiev “città aperta”. Creando ampie zone di sicurezza, neutralizzate e segnalate attraverso il simbolo della Croce Rossa, all’interno dell’Ucraina stessa, nelle quali i civili possano raggrupparsi ed essere al sicuro, rinunciando ai combattimenti, sotto protezione internazionale. Attivando ponti aerei umanitari, previsti dalle Convenzioni. Tenendo vivi canali di dialogo con l’aggressore per mezzo di terze parti mediatrici (Cina? Santa Sede? Comitato internazionale della Croce Rossa?) che non umilino l’interezza delle rivendicazioni di Mosca. Ricordando che, contrariamente a quanto ascoltiamo, il cessate il fuoco è normalmente, nelle trattative, l’esito e non la premessa degli incontri. 
È ben possibile che Putin non attenda altro che un “incidente” per allargare l’aggressione ad altri paesi di quello che oggi chiama “occidente bugiardo e ipocrita”. Occorrerà molto sangue freddo e attenzione, da parte di tutti, per evitare che ciò accada. 
 

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