È il compleanno dell’Europa: regaliamole un nuovo inizio

Molti sognavano un’Europa unita e in pace, specie dopo l’abisso dei due conflitti totali. Già, ma come fare in concreto?

Unione Europea
Stefano Picciaredda
10 maggio 2021

Buon compleanno Europa! Il 9 maggio festeggi i 71 anni dal giorno in cui il ministro degli esteri francese Robert Schuman disse “l’Europa non è stata fatta, abbiamo avuto la guerra”, e propose i passi che avrebbero portato a un’integrazione crescente tra chi avesse voluto impegnarsi nel processo unitivo. Si cominciò in sei – Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo -, mettendo in comune la produzione e il commercio del carbone e dell’acciaio attraverso la Ceca. Non a caso: è ciò che serve per fare le armi, e per due volte nel giro di trent’anni guerre europee erano divenute mondiali.

Molti sognavano un’Europa unita e in pace, specie dopo l’abisso dei due conflitti totali. Già, ma come fare in concreto? Gli Stati Uniti d’Europa, il federalismo di Spinelli e del manifesto di Ventotene, parevano troppo ambiziosi, le strutture consultive di Churchill poco efficaci. Si impose l’idea di Jean Monnet, supportata da Schuman, De Gasperi, Adenauer: procedere per gradi. Dopo la Ceca, Euratom, i Trattati di Roma del 1957 e la Comunità economia europea, la politica agricola comune, il mercato comune, lo sme, i fondi di sviluppo regionale, Erasmus, fino a Maastricht 1992, atto di nascita dell’Unione europea.

Non un club, non un “noi” contro altri, ma una proposta inclusiva. La Comunità attrae e si allarga. Regno Unito, Irlanda e Danimarca nel 1973, Grecia 1981, Spagna e Portogallo 1986, Svezia, Finlandia e Austria 1995, Baltici, paesi dell’Est, Cipro e Malta 2004, Romania e Bulgaria 2007, Croazia 2013. Ma per partecipare occorre rispettare i princìpi della democrazia avanzata, garantire i diritti umani a tutti, specie alle minoranze. Alle crisi e alle battute di arresto fanno seguito rilanci e accelerazioni, spesso ambiziose.

È la fase attuale: prima della pandemia anche noi italiani, dall’inizio i più euroentusiasti, siamo divenuti scettici. Ci siamo inventati “leuropa” senza apostrofo, quella cattiva che decide sopra le nostre teste e cerca il nostro male, ignorando che tutte le norme comuni sono volute e decise a larga maggioranza dagli Stati membri, ovvero da noi stessi. In un’epoca di crisi delle tensioni unitive, è andato di moda dire “fuori”, fuori dall’Unione e dall’euro, invidiando la brexit. Oggi – dopo i vaccini e il piano next generation - quasi più nessuno osa parlare di Italexit. Bene. Anche perché l’alternativa è sotto i nostri occhi a Jersey: pescherecci accompagnati da navi da guerra. Ma non basta: l’Europa va pensata, incalzata, costruita. Cresce così. E allora occorre avere idee e visioni. Che Europa sogniamo per i nostri figli?

La Commissione europea ha scelto di festeggiare il compleanno con un esperimento inedito, convocando la Conferenza sul futuro dell’Europa. Durerà un anno. Tutti possiamo esprimerci, attraverso la piattaforma (future.europa.eu) e in decine di eventi online. Le istituzioni si sono impegnate ad ascoltare e recepire. Cosa chiederemo? Uno spazio protetto, chiuso e sicuro che ci preservi dal caos del mondo, o un soggetto capace di fare pace e di esportare sicurezza? Se c’è una cosa che l’Unione – che il mondo ci invidia – non ha ancora imparato a fare, infatti, è a mio parere proprio questa: spegnere i fuochi di guerra. Libia, Siria, Sud Sudan, Ucraina… scenari che ci vedono divisi e impotenti. Non sarà facile, ma la storia dell’integrazione europea insegna a osare.

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