La natura, estasi e tormento. Ma anche colpa. E l’infelicità dell’artista sta nel non poter competere con il fascino della natura che è talmente intenso da sconfinare nel dolore. Una citazione tratta da Le confiteor de l’artiste può aiutare a muoversi nel celebre e simbolico mare di Baudelaire: lo studio della bellezza è un duello in cui l’artista grida di terrore prima di essere vinto. Già, la bellezza. Sostanza rara e inafferrabile, sempre suscettibile di una lettura smerigliata. Ed è tanto vero se si pensa che oggi la bellezza naviga anche su instagram.
Cosa unisce questi due mondi apparentemente lontanissimi lo chiarisce il francesista Luca Bevilacqua, ospite all’interno di un seminario di studi a tema organizzato da Angela Di Benedetto, docente di Letteratura francese, in occasione del bicentenario dello scrittore.“Mi sono reso conto di quanto possa far leva la letteratura sui social quando ho aperto il mio profilo instagram La setta dei poeti estinti. Volevo raccontare il mio lavoro, illustrare il mio corso e qualche autore; poi sono subentrate le dirette e da lì è nata una sana divulgazione che ha raggiunto migliaia di followers. Ricevere messaggi di entusiasmo da parte dei giovani mi ha fatto capire che questa è una giusta direzione per avvicinarli alla letteratura”. Fin qui il ‘moderno’; ma Luca Bevilacqua ci invita a ritornare all’antico nel gioco sempre smerigliato di ieri e oggi.
Il brano da lui analizzato, Le confiteor de l’artiste ,condensa motivi diversi: un’atmosfera romantica e quasi decadente, un tramonto intenso (“come quelli ampiamente presenti su instagram”; potenza delle immagini), l’ossessione della fine perché non si tratta di un tramonto qualsiasi: è connotato come autunnale, e quindi come la stagione del declino e dello straziante sentimento di spegnimento. Appassionando i presenti nella sua lettura, Luca Bevilacqua ha evidenziato il senso di solitudine che prova il protagonista malgrado la purezza del cielo e del mare. Una vela che, letteralmente, ‘rabbrividisce’ svolge il ruolo di allegoria e descrive l’universo affettivo del poeta. Gli spunti con il moderno toccano altri ambiti: natura e paesaggio in particolare. Per Baudelaire –che preferiva l’artificio alla natura e sosteneva che tutto ciò che è nobile è frutto della ragione e del calcolo – il fallimento dell’artista sta nel voler competere con la natura cercando di imitarla. E per un artista l’errore che si commette, il senso di frustrazione e di fallimento diventa tout court colpa, dannazione. Forse uno spiraglio c’è; e di qui la suggestione tra il pensiero dello scrittore e la fantasia di alcuni artisti ‘paesaggisti’ (Courbet e Boudin in testa) cui comunque rimprovera la mancata presenza dell’uomo nei dipinti.
“Se ieri il tormento nei confronti della natura era di portata letteraria e poetica, quello di oggi – che Baudelaire non poteva di certo immaginare – è di altro tipo, ma non è meno doloroso. Vediamo la natura scempiata, imbarbarita. Ma ci piace ancora pensare, nonostante tutto – e di qui l’analogia tra i dipinti di ieri e i paesaggi reali di oggi – che uno scorcio ‘naturale’, un bosco, un lembo di mare, possano sanare quantomeno lo sguardo se non proprio l’interiorità ferita”.
Non sono storie di altri tempi. Possono mutare i contesti e le geografie, ma l’umano di ciascuno di noi – fatto di errori, frustrazioni e turbamenti – travalica i confini delle pagine di letteratura per entrare a volte a gamba tesa e molto spesso all’improvviso nella nostra vita di tutti i giorni.