Caro Maestro,
una generazione di studenti, commossa, La ricorda con profondo rimpianto. Queste poche righe non hanno la pretesa di sintetizzare quanto Lei è riuscito a donarci, ma vogliono soltanto rappresentare il nostro 'grazie' per averci appassionato alla civiltà latina. C'è chi la ricorda per le belle similitudini del De bello gallico di Cesare; chi per le eroine mitologiche a lei tanto care, Medea e Fedra soprattutto; chi per quei passi ciceroniani spesso oscuri, ma che con la sua traduzione apparivano chiari anche a chi aveva qualche difficoltà in più con la lingua latina.
Ha arricchito le nostre giornate in Dipartimento con grande affabilità, elargendo sorrisi e dando la libertà ai suoi laureandi di scegliere l'argomento senza dimenticare mai di seguire con rigore i passi a volte incerti. Ci ricorderemo delle sue lezioni e della sua saggia ironia. Ci ha insegnato anche questa sottile arte attraverso i classici. Sorrisi riflessivi, satira calibrata, bilanciata ironia; lei avrebbe detto "da Plauto e Terenzio a Marziale" perché ogni autore classico era per lei un faro di vita reale.
Habent fata sua libelli. Il suo 'fato', invece, lo accettiamo con grande difficoltà. E nel farlo non smetteremo mai di dirle "grazie".