Caporalato, il questionario dell'Unifg per indagare e arginare il fenomeno

Partito da Foggia il progetto Su.pr.Eme. Italia per l'integrazione dei migranti

caporalato
ilaria di lascia

Stakeholder, rappresentanti del mondo datoriale e delle associazioni di categoria, imprenditori, braccianti agricoli: tutti allo stesso tavolo o, meglio, sullo stesso campo per immaginare un nuovo modello di agricoltura.

Gli ospiti della due giorni della prima tappa, foggiana, del progetto Su.pr.Eme. Italia inserito nel Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato - promosso dalla Direzione Generale Immigrazione del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale. Su.Pr.Eme. Italia-  si sono ritrovati nel vigneto Federico II, all’interno dell’hub rurale di Cascina Savino, per il lancio del progetto che mira a promuovere azioni di integrazione sul territorio e nuovi modi di vivere la terra per riuscire a produrre i frutti della legalità e del lavoro lontano da ogni forma di sfruttamento.

Il Pil della Capitanata si stima attorno ai 9 miliardi di euro, di cui due miliardi e 700 euro provengono dall’agricoltura. Un terzo della ricchezza di questo territorio è costituito  dal comparto primario, un caso unico in tutta Italia. I migranti, secondo un report di Flai Cgil del 2018, incidono per il 28% su circa un milione di lavoratori agricoli. Questi, sempre secondo Flai Cgil, percepiscono un salario del 50% inferiore a quello previsto dalla contrattazione nazionale. In provincia di Foggia, nel 2019, sono stati effettuati 339 controlli da parte dell'ispettorato del lavoro. Da questi controlli, il 46% delle pratiche sono risultate irregolari. Un dato che lascia ben poco spazio all’immaginazione e che impone una seria riflessione.  Soprattutto se si pensa che, solo l’industria del pomodoro, durante la stagione della raccolta, richiede tremila braccianti al giorno. Ed è in questo contesto che si inserisce il sistema illegale di reclutamento di manodopera nel mondo agricolo: il caporalato, una vera e propria piaga che affligge da sempre il territorio.

Ma qual è la percezione del fenomeno del caporalato e quali azioni possono essere messe in campo per riuscire ad arginarlo? È questa la domanda a cui ha inteso far fronte il questionario digitale messo a punto dall’Università di Foggia e curato dal Prof. Antonio Stasi, a cui abbiamo rivolto alcune domande.

Professore, per prima cosa, a chi era rivolto il questionario?

A circa 80 persone presenti nell’agorà di Cascina Savino. Una platea diversificata per captare la percezione del fenomeno da quanti più punti di vista. Molti gli imprenditori, soprattutto agricoltori, contadini braccianti, insegnanti, senatori, funzionari, giornalisti, documentaristi.  La platea, come si può, evincere dal grafico è anche abbastanza diversificata sia per genere che per età.

partecipanti questionario

 

età partecipanti

 

Che cosa è emerso?

In primis c’è da precisare che si è indagato su due livelli di percezione: la percezione delle cause che alimentano il fenomeno dello sfruttamento del lavoro, del caporalato e della tratta umana, e la percezione dell’efficacia delle misure di contenimento.

Per quanto riguarda la percezione delle cause dello sfruttamento dei braccianti è emerso che vi è un accordo comune sul fatto che manchi un sistema legale di gestione del reclutamento efficace e a interfaccia diretta. Di fatto, il ruolo dei caporali è appunto quello di garantire il reclutamento e l’organizzazione del lavoro, che di natura sua è avventizio e spesso richiesto in condizioni di urgenza legata a problemi per lo più climatici.

A seguire, e percepiti come ugualmente rilevanti sono le problematiche economiche e burocratiche nel settore agricolo. La morsa dei prezzi, il potere contrattuale dei grossisti e distributori, la progressiva riduzione del supporto ai prezzi nell’ultimo ventennio, l’aumento della volatilità dei prezzi e quindi dell’incertezza sui mercati a causa della globalizzazione. Tutto ciò, è avvenuto in concomitanza con l’aumento dei costi delle materie prime, tra cui l’energia, la chimica e anche il lavoro.

Paradossalmente, si percepisce come meno rilevante il pagamento e gli esborsi per la regolarizzazione rispetto al costo crescente, ad esempio, dei fertilizzanti. Si potrebbe definire come il costo opportunità dell’etica rispetto ad altri input produttivi.

In concomitanza, le difficoltà burocratiche legate a inefficienze, mancanza di servizi automatizzati e online, connessi anche alla marginalità delle aziende agricole rispetto agli uffici, risultano concorrere in pari misura alla percezione che l’aspetto amministrativo del lavoro in agricoltura sia concausa dello sfruttamento.

In ultimo, le questioni meramente organizzative di reclutamento in urgenza e logistica. Pare che gli aspetti legati all’organizzazione e all’efficienza del reclutamento vengano percepiti come meno rilevanti, questo anche a fronte degli scandali emersi dovuti per lo più a incidenti stradali e alla movimentazione di braccianti da e verso i ghetti.

 

le cause

Ci si è chiesti, inoltre, quali fossero le soluzioni percepite come più efficaci per contrastare lo sfruttamento.

Sorprendentemente, il risultato più interessante di questa indagine mettendo in relazione braccianti extra-comunitari, imprenditori agricoli e cittadinanza, riguarda la diversificazione agricola, dei modelli di agricoltura e di business delle aziende agricole. La  business creativity in agricoltura per invertire il destino dello sfruttamento del lavoro. Di fatto, l’economia dell’accoglienza, delle esperienze, della ruralità immersiva e creativa, della ruralità come sfondo ad altre attività può essere intravista come una chance per far fare nuove cose ai braccianti. Le politiche di inclusione sociale così come il potenziamento di servizi pubblici che vadano a sostituire con pari o maggiore efficienza il lavoro dei caporali risultano anche molto importanti.

Un risultato interessante riguarda la questione controlli e pene, che è risultata la soluzione percepita come meno rilevante tra tutte.

le azioni

 

Qual è l’obiettivo e quali le prossime fasi del progetto?

Le prossime fasi del progetto hanno l’obiettivo di analizzare il fenomeno e sensibilizzare la popolazione in tutte le regioni di Italia. La raccolta delle informazioni dal basso, l’informazione sulla percezione della comunità sarà alla base dello sviluppo di nuove politiche per contrastare il fenomeno dello sfruttamento del lavoro nelle campagne.

Nel frattempo, durante questo primo evento, i temi sono stati approfonditi per individuare i punti chiavi e mettere insieme le sovrapposizioni tra le diverse categorie coinvolte, al fine di impiantare concrete azioni sul territorio, per la sottoscrizione di protocolli di intesa e per la realizzazione di percorsi di accompagnamento della Pubblica Amministrazione all'attivazione di processi di integrazione.