Sono in tanti a chiedersi se serva ancora ricordare la Shoah, ogni anno, il 27 gennaio. Si ritiene, infatti, che la consapevolezza che si sia trattato del periodo più buio della ragione umana sia ormai dominio di ciascuno e che, pertanto, tali iniziative rischiano solo di ingenerare tristezza in una popolazione già ampiamente afflitta dai nuovi problemi odierni.
Nulla di più sbagliato.
La reviviscenza di fenomeni di odio e disprezzo, non solo antisemitico, ma anche nei confronti delle istituzioni democratiche è tristemente all’ordine del giorno. L’ultimo, solo in ordine di tempo, nel nostro Paese, è stato il recentissimo caso del funerale, nella Capitale, di una giovane donna con correlato saluto fascista dei suoi amici/conoscenti e con la bara avvolta dalla bandiera nazista.
È quindi necessario ergere sempre di più un muro di indignazione e di intolleranza verso questi fenomeni. Un atteggiamento tiepido e indifferente rischia infatti di trasformarci, in poco tempo, in rane bollite come fu lucidamente teorizzato da Noam Chomsky in "Media e Potere":
"Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita. Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.”
Il fenomeno della rana bollita fu studiato dalla John Hopkins University addirittura nel 1882. Durante un esperimento alcuni ricercatori americani notarono che buttando una rana in un pentolone di acqua bollente la rana saltava immediatamente fuori mettendosi in salvo. Mettendola, al contrario, in una pentola d'acqua fredda e riscaldando lentamente la rana finiva inevitabilmente bollita.
La ricorrenza del 27 gennaio, Giorno della Memoria, istituita in Italia con la legge 211 del 20 luglio 2000, “al fine di ricordare la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, e a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati” (art.1) è un appuntamento che non deve essere mai disatteso, men che meno da alcuna Istituzione formativa.
L’Università di Foggia lo fa quest’anno attraverso lo strumento del Cineclub universitario Cinemafelix, uno degli strumenti operativi dell’Area Terza Missione e del delegato rettorale alla Terza Missione, prof. Giovanni Messina, offrendo, in collaborazione con l’Area Comunicazione e con la delegata prof.ssa Rossella Palmieri, in visione ai propri studenti e all'intera Comunità, "Il figlio di Saul", film di un allievo di Bèla Tarr, Làslò Nemes, vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes del 2015, del premio Golden Globe e del premio Oscar del 2016 come miglior film straniero.
Il film sarà proiettato in lingua originale con sottotitoli in italiano. Trattasi di un’opera sconvolgente perché è una vera e propria immersione 'totale' in un campo di sterminio.
La visione del film è stata preceduta il giorno 20.01.2022, in occasione degli ottant'anni dalla Conferenza di Wannsee (20.01.1942) in cui 15 alti funzionari del Terzo Reich decisero lo sterminio del popolo ebraico (nonché le modalità da adottare per raggiungere la 'soluzione finale'), dalla visione di altro film di valore (perché basato sulla ricostruzione fatta sulla base del verbale) di quella tragica riunione (il film si chiama "Conspiracy - Soluzione finale" per la regia di Frank Pierson, interpreti Kenneth Branagh, Stanley Tucci, Colin Firth, tra gli altri).
E’ il modo più efficace per far 'toccare con mano' la 'banalità del male' (fatta cioè di burocratici discorsi sul modo più efficiente per sopprimere un intero popolo) e la crudeltà infernale di un campo di sterminio.
Probabilmente non esiste modo più efficace per fissare nella memoria dei più giovani la tragicità di questi eventi.
Le due proiezioni sono precedute dall’introduzione alla visione dei film da parte dei prof.ri Aldo Ligustro (ordinario di Diritto Internazionale presso il Dipartimento di Giurisprudenza) e Stefano Picciaredda (associato di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Studi Umanistici). Nonché seguite, per il commento con gli studenti, dal v (docente a contratto di Storia del Cinema) della nostra Università. Le proiezioni sono curate dal dott. Fabio Iascone dell’Area Servizi Informativi.
L'evento formativo ha ottenuto la concessione del patrocinio gratuito da parte dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Ma vorremmo soffermarci soprattutto sulla tragica ricorrenza della Conferenza di Wannsee del 20.01.1942 perché, come ci ha raccontato una nostra studentessa universitaria dopo la visione del film, ‘nessuno ci aveva mai raccontato prima questo episodio importante della storia’.
Ottant’anni fa quindici alti funzionari del Terzo Reich si incontrarono in una splendida dimora gentilizia presso il lago di Wannsee.
A capo della riunione il SS-Obergruppenführer, Reinhard Heydrich, direttore della Direzione generale per la Sicurezza del Reich e Reichsprotektor di Boemia e Moravia, divenuto tragicamente celebre come il ‘macellaio di Praga’. Incaricato dell’organizzazione e della logistica sarà lo SS-Obersturmbannführer Adolf Eichmann, capo del dipartimento IV B-4 dell'Ufficio centrale per la razza e le colonie (RuSHA), segretario della conferenza. Vi partecipano anche i seguenti:
• Dr. Alfred Meyer, Gauleiter, segretario di Stato e vice ministro.
• Dr. Georg Leibbrandt, direttore del dipartimento politico al ministero per i Territori occupati a est.
• Dr. Wilhelm Stuckart, segretario di Stato per il ministero dell'Interno del Reich.
• Erich Neumann, segretario di Stato, plenipotenziario per il piano quadriennale.
• Dr. Roland Freisler, segretario di Stato al ministero di Giustizia del Reich.
• Dr. Josef Bühler, segretario di Stato del Governatorato Generale.
• Martin Luther, sottosegretario (Unterstaatssekretär) del ministero degli Esteri.
• SS-Oberführer Dr. Gerhard Klopfer, segretario permanente della cancelleria del partito.
• Friedrich Wilhelm Kritzinger, segretario permanente alla cancelleria del Reich.
• SS-Gruppenführer Otto Hofmann, capo dell'Ufficio Centrale per la razza e le colonie (RuSHA).
• SS-Gruppenführer Heinrich Müller, comandante della Gestapo.
• SS-Oberführer Dr. Karl Eberhard Schöngarth, comandante del servizio di intelligence nel Governatorato Generale.
• SS-Sturmbannführer Dr. Rudolf Lange, comandante del servizio di intelligence in Lettonia.
Nel corso della discussione, finalizzata a creare piena sinergia tra gli apparati dello Stato e quelli del Partito, ci fu solo un momento di tensione e di incertezza. Fu quando Stuckart, l’estensore delle leggi di Norimberga del 1935 che sancirono l’allontanamento dalla vita civile di tutti gli ebrei ma che fissarono anche specifiche regole per la disciplina dei matrimoni misti tra ebrei e appartenenti alla razza ariana (da allora sostanzialmente vietati) e il trattamento giuridico spettante ai Mischling (persone di sangue misto), si oppose allo sterminio, proponendo, al contrario, la sterilizzazione di massa che avrebbe condotto allo stesso risultato, seppure nel medio-lungo periodo. Le coincidenze della vita hanno poi voluto che Stuckart dovesse essere l’unico condannato nel processo di Norimberga per la decisione assunta nel corso della Conferenza di Wannsee.
La decisione finale fu di sopprimere il popolo ebraico, innanzitutto, attraverso la sottoposizione a lavori di ‘pubblica utilità’ fatti in condizioni estreme e senza adeguata alimentazione (nel film si scherza sul fatto che la maggioranza della popolazione che ne sarebbe stata interessata non aveva mai tenuto in mano un attrezzo più pesante di una matita), mentre la popolazione inabile al lavoro (anziani, disabili e bambini sotto i dieci anni) sarebbe stata soppressa nelle camere a gas (mediante acido cianidrico). Da cinque a sette kg di Zyklon B saranno quindi fatti cadere nella camera della morte attraverso un'apertura nel soffitto per uccidere da 1.000 a 2.000 persone in pochi minuti. L'azione tossica si deve allo ione CN−, il quale si lega agli enzimi ossidanti preposti alla respirazione cellulare, in particolar modo all'enzima citocromo-ossidasi, provocando l'anossia. I sintomi da intossicazione saranno la perdita di coscienza e le convulsioni e dopo circa 15 minuti sarebbe sopraggiunta la morte. Si utilizzarono anche iniezioni di fenolo: ad Auschwitz fu utilizzata una soluzione acquosa di fenolo, iniettata direttamente nel ventricolo sinistro, con morte in 10-15 secondi. L'utilizzo del gas all'interno del campo era riservato a personale specializzato, mentre l’evacuazione delle salme era affidata ad altri ebrei costretti alla collaborazione nei cosiddetti Sonderkommando (nel “Figlio di Saul” si racconterà proprio la storia di uno di questi ebrei).
Dopo l’illustrazione da parte di Heydrich delle modalità attraverso le quali si sarebbe riusciti ad ‘evacuare’ 60000 ebrei in una sola giornata, l’esultanza della maggior parte dei convenuti sarà massima (l’obiettivo di sopprimere 11 milioni di ebrei si poteva conseguire in meno di 200 giorni!) e si arriva quindi in poco più di un’ora e mezza all’atto finale della Conferenza di Wannsee:
”Nel corso della soluzione finale gli ebrei saranno instradati, sotto appropriata sorveglianza, verso l’Est, al fine di utilizzare il loro lavoro. Saranno separati in base al sesso. Quelli in grado di lavorare saranno condotti in grosse colonne nelle regioni di grandi lavori per costruire strade, e senza dubbio un grande numero morirà per selezione naturale. Coloro che resteranno, che certo saranno gli elementi più forti, dovranno essere trattati di conseguenza, perché rappresentano una selezione naturale, la cui liberazione dovrà essere considerata come la cellula germinale di un nuovo sviluppo ebraico (come mostra l’esperienza della storia)”.
Esiste anche una versione per la televisione tedesca del 1984 di questa Conferenza, per la regia di Heinz Schirk, con la sceneggiatura di Paul Mommertz. Anche questa versione è molto interessante in quanto rievoca anche il caso Jenni Cozzi, un’ebrea di Riga sposata a un ufficiale italiano e che in virtù del matrimonio era divenuta cittadina italiana. Riuscita a mettersi in contatto col Console Generale d’Italia a Danzica, Giuriati, questi si interessò subito di lei e cercò di farla liberare, ma invano. Si iniziò allora una lunga discussione tra l’Ambasciata d’Italia a Berlino da un lato e l’ufficio di Eichmann dall’altro, tramite il Ministero degli Esteri germanico. Günther, il sostituto di Eichmann, si rifiutò di liberare la Cozzi «poiché ella potrebbe sfruttare le condizioni del ghetto di Riga per una propaganda di atrocità. Richiedo che l’Ambasciata italiana si astenga dall’appoggiare quell’ebrea». Le autorità italiane continuarono a fare pressione e perfino il Partito fascista intervenne presso quello nazista. Ma Eichmann ebbe l’ultima parola. Nella sua lettera del 25 settembre 1943 egli scrisse: «A seguito della nuova situazione politica creatasi in Italia (l’armistizio) non ritengo necessario prendere ulteriori provvedimenti in merito. Ho dato istruzioni perché l’ebrea Cozzi venga internata nel campo di Riga. Essa può ora seguire il destino di tutti gli ebrei».
Il disprezzo dei nazisti per gli alleati italiani, considerati incapaci di aiutarli concretamente nella soluzione finale, resta l’unica luce nel periodo più nero della nostra storia che va sempre ricordato e illustrato alle giovani generazioni.
Perché solo il ricordo può aiutare il nostro popolo (e l’umanità intera) a non rifarlo.