Nel 2020 il tasso di occupazione dei neolaureati italiani è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 69,2% tra i laureati di primo livello e al 68,1% tra i laureati di secondo livello del 2019: diminuito di 4,9 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 3,6 punti per quelli di secondo livello. In termini di tasso di occupazione, la pandemia sembra aver colpito soprattutto le donne e le aree del Centro-Sud. Si confermano significative le tradizionali differenze di genere e territoriali mostrando, a parità di condizioni, la migliore collocazione degli uomini (17,8% di probabilità in più di essere occupati a un anno dalla laurea rispetto alle donne) e di quanti risiedono al Nord (+30,8% di probabilità di essere occupati a un anno dal titolo rispetto a quanti risiedono al Sud).
È quanto emerge, in estrema sintesi, dal XXIII Rapporto AlmaLaurea, promosso dall'Università degli Studi di Bergamo con il sostegno del Ministero dell'Università e della Ricerca e che ogni anno fotografa la situazione occupazionale dei Laureati italiani.
L’indagine che ha coinvolto 76 atenei, si basa su una rilevazione che ha coinvolto 291mila laureati del 2020 e analizza i risultati raggiunti nei mercati del lavoro dai laureati nel 2019, 2017 e 2015, intervistati rispettivamente a 1, 3 e 5 anni dal conseguimento del titolo.
L’analisi delle caratteristiche del lavoro svolto restituisce un quadro di luci e ombre dal momento che i risultati dell’indagine del 2020 sono compositi e dipendono fortemente dal momento in cui è avvenuta l’entrata nel mercato del lavoro, ossia prima o dopo l’emergere della pandemia da Covid-19. Resta comunque vero che, più che la qualità del lavoro svolto, la pandemia pare aver colpito soprattutto le possibilità di trovare un’occupazione.
La crisi sanitaria, inoltre, pare non aver influito nella scelta di iscriversi all’Università: l’ultimo anno ha visto un incremento delle immatricolazioni con un +14 mila rispetto al 2019/20.
Le difficoltà si riscontrano soprattutto dopo gli studi e mettono in luce numerose difficoltà del sistema occupazionale, che esulano dalla pandemia, quali: la migrazione degli studenti da Sud a Nord, il numero esiguo dei laureati (il più basso in Europa), la condizione occupazionale dei neolaureati. Nel 2020, a un anno dal conseguimento del titolo, la forma contrattuale più diffusa è, infatti, il lavoro non standard, prevalentemente alle dipendenze a tempo determinato.
I DATI DI FOGGIA
La condizione occupazionale dei laureati foggiani: Gli intervistati* (*1336 in tutto per il collettivo selezionato) che si dicono soddisfatti del lavoro svolto a un anno dalla laurea sono il 72,8%.
laurea magistrale a ciclo unico: 89,7%
laurea magistrale biennale: 60,0%
laurea di primo livello: 74,2%
Numero di occupati 609:
laurea magistrale a ciclo unico: 69%
laurea magistrale biennale: 138%
laurea di primo livello: 402%
Efficacia della laurea e soddisfazione per l'attuale lavoro a 5 anni dalla laurea:
Gli intervistati* (*66.532 in tutto per il collettivo selezionato) che si dicono soddisfatti del lavoro svolto a 5 anni dalla laurea sono il 68,7% : 63,5% per la laurea magistrale biennale, 81,8% per la laurea magistrale a ciclo unico e il 95,8% del corso in Scienze della Formazione primaria (corso pre-riforma)
A 5 anni dalla laurea lavora il 79,6% degli intervistati: il 95,6% del corso in Scienze della Formazione primaria (corso pre-riforma; il 68,8% con laurea magistrale a ciclo unico e l’83,6% con laurea magistrale biennale
Retribuzione mensile netta (in euro)
Uomini:
Laurea magistrale biennale: 1.117
Laurea di primo livello: 1.185
Laurea magistrale a ciclo unico 1.645
Donne:
Laurea magistrale biennale: 967
Laurea di primo livello: 1.048
Laurea magistrale a ciclo unico 1.637
LA SINTESI DEL REPORT
La quasi totalità dei laureati che hanno ottenuto il titolo di scuola secondaria di secondo grado al Nord ha scelto un ateneo della medesima ripartizione geografica (96,8%). I laureati del Centro rimangono nella medesima ripartizione geografica nell’86,8% dei casi; del restante 12,8% la maggioranza (ossia il 10,6%) ha optato per atenei del Nord. È per i giovani del Sud e delle Isole che il fenomeno migratorio assume, invece, proporzioni considerevoli: il 27,5% decide di conseguire la laurea in atenei del Centro e del Nord, ripartendosi equamente tra le due destinazioni. Un altro aspetto interessante riguarda i laureati provenienti dall’estero: il 92,0% sceglie un ateneo del Centro-Nord.
Posto a cento il numero di laureati che hanno conseguito il diploma in ciascuna delle tre ripartizioni, il saldo migratorio - calcolato confrontando la ripartizione geografica di conseguimento del diploma e della laurea - è pari a +22,2% al Nord, a +20,6% al Centro e a -25,3% al Sud. Pertanto, per motivi di studio, il Sud perde, al netto dei pochissimi laureati del Centro-Nord che scelgono un ateneo meridionale, oltre un quarto dei diplomati del proprio territorio.
ISCRIZIONE ALL’UNIVERSITÀ: L’ESTRAZIONE SOCIO-CULTURALE DELLA FAMIGLIA DI ORIGINE INFLUENZA LE SCELTE DEI GIOVANI
Il contesto familiare ha un forte impatto sulle opportunità di completare il percorso di istruzione universitaria: fra i laureati, infatti, si rileva una sovra-rappresentazione dei giovani provenienti da ambienti familiari favoriti dal punto di vista socio-culturale.
I laureati AlmaLaurea 2020 provengono per il 31,6% e per il 22,5% da famiglie della classe media, rispettivamente impiegatizia e autonoma, per il 22,4% da famiglie di più elevata estrazione sociale (ove i genitori sono imprenditori, liberi professionisti e dirigenti) e per il 21,9% da famiglie in cui i genitori svolgono professioni esecutive (operai ed impiegati esecutivi). La percentuale dei laureati di più elevata estrazione sociale sale al 33,3% fra i laureati magistrali a ciclo unico, percorso di studio che, com’è noto, comporta una previsione di investimento di durata maggiore rispetto alle lauree di primo livello, investimento che spesso proseguirà con ulteriori corsi di specializzazione. I laureati con almeno un genitore in possesso di un titolo universitario sono il 30,7% (nel 2010 erano il 26,5%).
Il contesto culturale e sociale della famiglia influisce anche sulla scelta del corso di laurea: i laureati provenienti da famiglie con livelli di istruzione più elevati hanno scelto più frequentemente corsi di laurea magistrale a ciclo unico (il 44,2% ha almeno un genitore laureato) rispetto ai laureati che hanno optato per un percorso “3+2” (27,6% per i laureati di primo livello e 31,4% per i magistrali biennali).
LA RIUSCITA NEGLI STUDI UNIVERSITARI: MIGLIORANO ETÀ ALLA LAUREA E REGOLARITÀ. STABILE IL VOTO DI LAUREA.
L’età media alla laurea per il complesso dei laureati del 2020 è pari a 25,8 anni: 24,5 anni per i laureati di primo livello, 27,1 per i magistrali a ciclo unico e 27,2 anni per i laureati magistrali biennali. Un dato che tiene conto anche del ritardo nell’iscrizione al percorso universitario (si tratta del ritardo rispetto alle età “canoniche” dei 19 anni, per la laurea di primo livello e per quella a ciclo unico, e di 22 anni, per la magistrale biennale), che tra i laureati del 2020 in media è pari a 1,4 anni.
L’età alla laurea è diminuita in misura apprezzabile rispetto all’ordinamento universitario precedente alla Riforma D.M. n. 509/1999 e ha continuato a decrescere (era infatti 26,9 anni nel 2010) fino al 2018, per poi rimanere pressoché costante.
La regolarità negli studi, che misura la capacità di concludere il corso di laurea nei tempi previsti dagli ordinamenti, ha registrato recentemente un miglioramento costante e marcato, seppure nell’ultimo anno per effetto della proroga della chiusura dell’anno accademico concessa agli studenti per l’emergenza Covid-19. Se nel 2010 concludeva gli studi in corso il 39,0% dei laureati, nel 2020 la percentuale raggiunge il 58,4%, in particolare il 64,3% tra i magistrali biennali, il 57,7% tra i laureati di primo livello e il 48,6% tra i magistrali a ciclo unico.
Peraltro, se dieci anni fa a terminare gli studi con quattro o più anni fuori corso era il 14,8% dei laureati, oggi la quota si è quasi dimezzata (7,6%).
L’emergenza pandemica non ha sostanzialmente intaccato le valutazioni dei laureati. In generale il 90,8% dei laureati si dichiara complessivamente soddisfatto dell’esperienza universitaria appena conclusa; tale quota è tendenzialmente in aumento negli ultimi anni: nel 2010 era pari all’86,9%. In particolare, si tratta del 90,9% tra i laureati di primo livello, dell’89,3% tra i magistrali a ciclo unico e del 91,1% tra i magistrali biennali.
CONFRONTO DAD E LEZIONI IN PRESENZA
Il 55,0% degli studenti, avendo sperimentato entrambe le modalità didattiche, preferisce “decisamente” la didattica in presenza rispetto a quella a distanza; a tale quota si aggiunge un ulteriore 23,4% che la preferisce “leggermente”, portando al 78,4% la quota di studenti che preferisce la didattica in presenza. La preferenza per la didattica in presenza riguarda l’82,3% degli studenti magistrali biennali, il 78,0% dei magistrali a ciclo unico e il 76,2% degli studenti di primo livello. Non si osservano differenze sostanziali per ripartizione geografica dell’ateneo, mentre sono gli studenti degli atenei di piccola dimensione e degli atenei non statali ad esprimere una preferenza più forte nei confronti della didattica in presenza: 81,9% per i piccoli atenei rispetto al 78,5% nei mega, 84,2% nei non statali rispetto al 78,2% in quelli statali. La preferenza verso la didattica in presenza è inoltre più spiccata tra gli studenti che hanno scelto di spostarsi, rispetto alla propria residenza, per iscriversi all’università: gli studenti che si sono iscritti in un’università collocata in una differente ripartizione geografica, rispetto a quella di residenza, preferiscono la didattica in presenza nell’82,8% dei casi, rispetto al 77,7% di chi rimane a studiare nella stessa ripartizione di residenza. Ciò è vero, in particolare, per gli studenti che se si spostano dal Centro-Sud verso un ateneo del Nord.
Qui Il materiale della XXIII Indagine sul Profilo dei Laureati a cura di Almalaurea.