A pochi giorni dalla chiusura dell’Inclusion Fest organizzato dall’Università di Foggia incontriamo la dottoressa Chiara Emanuel, premiata dall’Ateneo dauno per la miglior tesi di laurea sui temi dell’inclusione. Si chiama “Inclusion 4.0” il premio di laurea proposto dalla professoressa Giusi Antonia Toto, che in Unifg insegna Didattica e Pedagogia Speciale. Un premio nazionale al quale hanno aderito giovani laureate e laureati provenienti da tutta Italia, proponendo i propri elaborati sulle tecnologie e metodologie didattiche inclusive più all’avanguardia.
Chiara Emanuel, classe ‘99, è originaria di Torino ma ha da poco concluso il suo percorso di studi in Media Education presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Vince il premio di laurea con una tesi dal titolo “Educational Escape Room: uno strumento di potenziamento per studenti con Disturbi Specifici dell'Apprendimento", valutata positivamente su tutti i fronti da una commissione di docenti universitari. Così, alla presenza di Giusi Antonia Toto (Università di Foggia), Annamaria Petito (Università di Foggia), Antioco Luigi Zurru (Università degli Studi di Cagliari), Silvia Maggiolini (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) e Arianna Taddei (Università di Macerata) la dottoressa Emanuel viene premiata, ottenendo dall’Ateneo foggiano un contratto di pubblicazione del suo lavoro.
I: Questo premio di laurea è molto importante perché il tema e il focus sono sulle pratiche inclusive nel mondo dell’istruzione e della formazione: nella tua tesi, quali temi hai deciso di sviluppare?
Chiara: Sì, ho avuto la fortuna di avere dei tutor all'Università che segnalavano sempre delle opportunità interessanti su un gruppo WhatsApp specifico e così hanno fatto anche questa volta. Hanno infatti segnalato l'iniziativa e io ho deciso di fare domanda per questa opportunità offerta dall’Università di Foggia, trovandola in linea agli argomenti che ho trattato all'interno della tesi. In particolare, il mio elaborato si focalizza proprio su un inclusione, operata attraverso il mondo ludico-educativo, degli studenti con Disturbi Specifici dell'Apprendimento (ndr. o DSA) all'interno non solo delle scuole, ma anche nell'extrascuola. Nello specifico, la mia tesi, dal titolo “Educational digital escape room: uno strumento di potenziamento per studenti con DSA”, tratta delle escape room educative digitali, con un focus specifico sull'inclusione e il potenziamento di alcune capacità di lettura e scrittura di studenti con Disturbi Specifici dell'Apprendimento, in particolare con dislessia e/o disortografia. Attraverso l'escape room digitale creata questi studenti hanno l'opportunità di sviluppare e potenziare alcune abilità, in genere latenti, riuscendo così a unire la componente educativa a quella ludica, coinvolgendo meglio il fruitore.
I: Le escape room sicuramente sono tra le mode del momento, compaiono ogni tanto nuove escape room anche in giro per le città. Per chi non lo sapesse: ci sono giocatori e giocatrici che si rinchiudono letteralmente in queste stanze e, risolvendo una serie di enigmi, di puzzle, devono poter trovare la via d'uscita. Quanto può essere utile, secondo te, sfruttare anche queste tendenze, sfruttare queste “mode”, potremmo chiamarle, per rendere la didattica un po' più innovativa, un po' più coinvolgente?
Chiara: Dunque, di per sé io credo che nel momento in cui c'è una moda ci sono due vie che si possono intraprendere. Una è quella del parlarne con consapevolezza e con conoscenza e l'altra invece è quella che sfocia tendenzialmente nel parlarne: tutti ne parlano e quindi poi non si dà credito effettivo a chi ne parla con conoscenza. In questo caso io ho voluto portarla in una tesi, con un pizzico di innovazione che, attualmente, è ancora poco presente: la digitalizzazione di queste escape room, renderle digitali. Quindi diciamo che in questo caso la moda di tutti i giorni può aiutare a portare questo aspetto anche all'interno del mondo educativo, è un po' come attualmente ancora si tratta dell'intelligenza artificiale: se ne parla tanto, va di moda, ma all'interno dell'educazione viene vista ancora negativamente, oppure non viene utilizzata. Il nostro obiettivo come pedagogisti è proprio quello di far capire come utilizzare questi strumenti nel miglior modo possibile e questo ho fatto con l'educational escape room digitale.
I: Però, a questo punto, sorge spontanea una domanda: dentro una escape room reale ci sei mai stata?
Chiara: Sì, non ho fatto molto, non sono riuscita ad uscirci (ride), però l'ho fatto anche per quello, mi sono divertita.
I: Quindi dopo aver provato effettivamente l'escape room ti è venuta l'illuminazione per la tesi?
Chiara: Allora, diciamo che già in triennale ho avuto delle docenti che mi hanno un po’ introdotto a questo mondo di cui si stava iniziando a parlare all’interno del mondo educativo; poi, con il COVID, si è tutto amplificato, soprattutto nei contesti digitali, anche perché banalmente nell'escape room, come dicevi tu, ti ci chiudi, e chiuderti dentro una stanza significa essere vicino a altre persone. Con il COVID non si poteva fare e quindi si cercava di rendere tutto digitale, per questo poi ho deciso di creare un’esperienza ludica-educativa attraverso una escape room digitale.
I: Parlando invece di prospettive future: lo strumento della Digital Escape Room, secondo te, quali altre applicazioni potrebbe avere nel futuro?
Chiara: Io credo che in questi casi la creatività sia un elemento importante, di per sé la mia escape room può essere sicuramente incrementata, ho utilizzato un tool, Genially, che è gratuito, ma si può sviluppare in modo molto più professionale. In generale credo che le escape room possano essere utili in ambito educativo, anche in modalità ibrida. Ci sono pochi studi che ne parlano, però quei pochi sono molto positivi a riguardo, perché l'ibrido potrebbe aiutare non solo gli studenti che sono in sede ma anche chi, per svariate ragioni, deve seguire da casa. La fortuna di avere il digitale, internet, la tecnologia è anche questa, e bisogna sfruttarla al meglio per creare strumenti in grado di coinvolgere il fruitore in ambienti di apprendimento divertenti. Io attualmente sto cercando di far emergere la mia figura: sono pedagogista a tutti gli effetti, ma ho studiato Media Education, e il Media Educator di per sé non è una figura riconosciuta; con dei miei compagni, ormai colleghi, stiamo cercando di rendere più istituzionalizzata questa figura, non solo all'interno della formazione scolastica ma anche extra, quindi anche formazione per adulti ad esempio. Adesso stiamo cercando di creare una realtà che possa non solo partecipare a dei bandi statali o privati per portare dei progetti educativi all'interno delle scuole per gli studenti, ma vorremmo anche creare dei corsi appositi per la formazione degli insegnanti e non solo, quindi utilizzare il mezzo della tecnologia, del ludico, dell’intelligenza artificiale e non solo per portare un qualcosa in più all'interno del mondo dell'apprendimento, eliminando aspetti formativi tradizionali e statici, ormai poco coinvolgenti e poco in linea con i ritmi dell’innovazione attuale.