Ferdinando De Giorgi è un ex pallavolista e da giugno 2021 guida la nazionale italiana maschile di volley, freschissima di vittoria ai campionati Europei. Una vittoria, quella appena conquistata, che conferma la forza di una squadra e di un allenatore che già sanno portare a casa i risultati più importanti.
Ferdinando De Giorgi esordisce in serie A durante la stagione 1983-84, la sua è una carriera costellata di successi e soddisfazioni. Orgoglio pugliese, De Giorgi è anche docente dell'Università di Foggia, dove insegna "Teoria tecnica e didattica degli sport di squadra" all'interno del Corso di Studi in Scienze delle attività motorie e sportive. L'allenatore azzurro si è raccontato in un'intervista all'Unifgmag alla vigilia dell'importante vittoria che l'ha reso campione d'Europa.
Chi è Ferdinando De Giorgi e quando nasce la sua passione per il volley? Ci racconta, in breve, la sua carriera?
Ci provo. Sono nato a Squinzano un piccolo paese in provincia di Lecce, e fin da subito ho manifestato grande interesse per lo sport in generale. Quando frequentavo la scuola media , praticavo qualsiasi sport: calcio, atletica e poi anche la pallavolo. L’incontro con questo sport è nato per caso, anzi per esigenza di studio cioè avere più tempo da dedicare alla scuola. Solo tre allenamenti alla settimana erano l’ideale per i miei genitori (non per me). Giocando le prime volte a pallavolo ho capito che avevo trovato la disciplina sportiva ideale per me. Ho giocato per diversi anni in serie B e A2 a Squinzano poi il salto in serie A1 ad Ugento ed infine a 25 anni il trasferimento a Modena nello storico club della Panini. Tante altre città, tanti campionati e ho chiuso la carriera a 42 anni a Cuneo, dove svolgevo anche il doppio ruolo di allenatore – giocatore. Una cosa della quale vado fiero come giocatore è quella di aver giocato l’ultima partita della mia carriera con la maglia della nazionale nel campionato mondiale giocato in Argentina nel 2002. Ho iniziato la carriera da allenatore con esperienze anche in Russia e Polonia e…adesso con la maglia azzurra.
Allenare la nazionale di volley maschile è un traguardo indubbiamente importante. Quale eredità raccoglie e quali sono i primi obiettivi da raggiungere?
È una grande emozione per chi come me ha vestito la maglia azzurra per 330 volte. Siamo nel momento del cambio generazionale. Momento sempre delicato, difficile, ma di grande opportunità. Ci sono giovani molto interessanti ai quali bisogna dare la possibilità di esprimersi. I punti più importanti sono quelli di creare una mentalità di lavoro e di squadra corretti e di dare un’identità di gioco basata sulle caratteristiche individuali.
Ha già avuto occasione di scendere in campo con la squadra: quali sono i punti di forza e i punti deboli del gruppo che si trova ad allenare?
Punto di forza è sicuramente la fame che questi ragazzi di qualità hanno e la voglia di costruire qualcosa di importante. Un punto debole potrebbe essere la poca esperienza a livello internazionale.
Quest’anno, anche grazie agli Europei di calcio e alle Olimpiadi, c’è stato modo di riscoprire i valori di cui lo sport è portatore sano e, soprattutto, le emozioni che lo stesso è in grado di trasmettere. Come docente, ma anche come sportivo, pensa che questo anno e questo momento storico abbiano fatto comprendere l’importanza della pratica sportiva? O crede ci sia ancora molto da fare?
C’è sempre molto da fare. Bisogna sfruttare questi momenti per rendere consapevoli e responsabili tutti che lo sport è il mezzo più importante per instillare tanti valori che nella nostra vita sono importanti. Sacrificio per raggiungere degli obiettivi, usare il proprio talento, rispetto per gli avversari e i compagni, salvaguardare la salute e poi c’è il senso di appartenenza che la nazionale crea.