L'Università di Foggia sta mettendo in campo numerose azioni volte a preservare il benessere e combattere eventuali fenomeni di molestie e discriminazioni in ambito lavorativo. Tra queste di fondamentale importanza è stata la nomina di una Consigliera di Fiducia, individuata nella persona della avv.ta Antonietta Colasanto.
La consigliera, in quanto esperta del settore, potrà confrontarsi direttamente con i lavoratori e far fronte a tutti quei fenomeni che minino la serenità della comunità Unifg e delle persone che ne fanno parte. Proprio per comprendere a fondo in che modo si farà fronte ad eventuali problematiche, per Unifgmag abbiamo intervistato proprio l'avv.ta Colasanto.
L’Unifg ha scelto di istituire il ruolo della Consigliera di Fiducia per eliminare fenomeni di mobbing,
discriminazione e molestie. In che modo si può far fronte a problematiche così complesse e diverse?
Il ruolo di Consigliera di Fiducia nasce con l’intento di creare una figura imparziale che possa essere un punto di riferimento per chiunque lavori in ateneo e sia vittima di episodi di discriminazione, molestie sessuali e morali o casi di mobbing. Pertanto è fondamentale che ci sia una diffusa conoscenza dei canali istituzionali attraverso i quali contattare la Consigliera di Fiducia, per organizzare un incontro riservato che metta la persona a suo agio, per denunciare senza timore un episodio o una situazione ripetuta. Dopo aver ascoltato la persona si può procedere a raccogliere le testimonianze e ad accedere agli atti amministrativi per cercare di verificare quanto denunciato. Successivamente la prima cosa che può fare la Consigliera di Fiducia è verificare se ci siano le condizioni per una soluzione conciliativa, in caso contrario, si deve valutare di procedere con un provvedimento amministrativo (ad esempio un trasferimento del responsabile delle molestie o di atti discriminatori in un altro dipartimento o settore), collaborando laddove necessario anche con le organizzazioni sindacali. Questo ovviamente se non parliamo di episodi più gravi, per i quali è necessario intervenire con una denuncia in procura.
Quanto è importante per il mantenimento di benessere lavorativo che ci sia una figura di
riferimento? In cosa può effettivamente aiutare dipendenti e studenti?
Benchè ancora tante università non abbiano nominato la Consigliera di Fiducia, i riscontri che ci sono ove questa figura è presente e conosciuta sono importantissimi: studentesse, dottorande, dipendenti amministrative, a volte anche docenti, rompono il muro del silenzio e riescono a denunciare quello che spesso viene taciuto, per paura di ritorsioni o del giudizio degli altri. Ma la Consigliera non si occupa solo di discriminazioni e molestie ma anche di mobbing, e questo tema riguarda tutti a prescindere dal genere e dall’identità di genere. Anzi posso dire che il mobbing, stando ai primi dati provenienti dai contesti dove opera la Consigliera, è forse il fenomeno che emerge con più evidenza nell’ambiente universitario.
Cosa pensa che manchi oggi, per vivere e lavorare al meglio, nelle università e sui luoghi di lavoro?
Sebbene l’università, essendo un luogo di cultura, sia un ambiente più attento al tema delle discriminazioni, rispetto a tanti altri luoghi di lavoro, i problemi non mancano, perché anche nell’ambito accademico c’è chi approfitta della propria posizione e del proprio ruolo di potere per discriminare o approfittare di chi è “sottoposto”, nel vero senso della parola, come un/una dipendente, o chi è “sottoposto ad un giudizio” determinante per la sua carriera universitaria, come uno studente o una studentessa o uno/una ricercatore/ricercatrice (soprattutto se precari). Possono anche verificarsi casi in cui alcuni atti, in particolare quelli di stolking, siano indipendenti dai ruoli asimmetrici di potere. Per questi motivi è importante garantire le condizioni affinchè ciascuno possa sentirsi libera/o di denunciare episodi che ledono la sua serenità nel percorso universitario e lavorativo, senza la paura di doverlo cambiare o abbandonare. Il ruolo della Consigliera, secondo la mia interpretazione, è anche quello di collaborare con altre soggetti al fine di promuovere la cultura del rispetto reciproco volto a creare le condizioni per un migliore benessere sui luoghi di lavoro.
La discriminazione è uno dei temi centrali di questo periodo, se ne parla molto anche relativamente
alla battaglia politica sul DDL Zan e ai fatti di cronaca che troppo spesso leggiamo. In che modo,
anche partendo dall’esempio che un’università può dare, si può secondo lei giungere a una cultura
della non discriminazione?
Il ddl Zan è importante perché mira ad aggiungere alle discriminazioni per motivi di razza, etnia e religione quelli riguardanti il sesso, genere e identità di genere, orientamento sessuale, e disabilità, intervenendo su due articoli del codice penale (il 604-bis e il 604-ter) e ampliando la c.d Legge Mancino (decreto legge 25 giugno 1993, n.205). È un provvedimento necessario in quanto purtroppo, come emerge dalle indagini di Osservatori preposti a rilevare tali tipi di discriminazioni, si continuano a registrare episodi di violenza e discriminazione per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità.
Ma unito ai provvedimenti legislativi è importante continuare a promuovere una cultura inclusiva volta a promuovere la libertà, i diritti e la dignità di tutti i soggetti e i gruppi. Dunque è importante l’impegno nella promozione di iniziative di sensibilizzazione contro l’omotransfobia, così come contro la misoginia e l’abilismo, informare chiunque studi e lavori in ateneo su quali siano gli strumenti utili per denunciare episodi di discriminazione, per evitare che chi ne sia vittima si senta solo/a. Per questo è fondamentale organizzare i canali di comunicazione e incoraggiare l’attività di ascolto.
Ad oggi ha già ricevuto segnalazioni su cui lavorare? Quali sono le azioni già messe in campo e
quelle previste?
Non ancora.
Il periodo che stiamo vivendo non incoraggia certamente ad avere incontri e colloqui a distanza su temi così delicati che necessitano di un luogo riservato in cui incontrarsi che permetta di instaurare un clima di “fiducia”. Le azioni poste in essere sono soprattutto legate alla necessita di far conoscere alla comunità Universitaria questa nuova figura. La mia intenzione è quella di creare una fitta rete di collaborazione in special modo con il C.U.G. così da attuare strategie idonee non soltanto alla risoluzione delle eventuali controversie, ma anche alla prevenzione dei fenomeni di molestie sessuali e morali, discriminazione e mobbing. In tal senso mi sto attivando anche per creare una rete con le altre Consigliere di Fiducia, onde poter determinare scambi di buone prassi e modulare programmi e progetti.
Per contattare la Consigliera è possibile mandare una mail a: consiglieradifiducia@unifg.it.